Che la vita non sia una linea retta orientata verso un punto
fatidico e fatale nello spazio-tempo, ma una spirale che torna e ritorna su se
stessa, avvolgendosi, accartocciandosi, ripiegandosi, e poi – solo allora –
proiettantesi in avanti per poi nuovamente ritrarsi un pochettino, sempre
memore di ciò che la preceduta, non bisogna credo leggere Hegel per saperlo, o
meglio, per sentirlo. (O forse sì). ‘Nel corso del tempo’ – ovvero Im Lauf der
Zeit, come un film che mi è accaduto di vedere l’inverno scorso, così essa si
svolge. Un intreccio di cose persone città e situazioni, che spiralmente,
ciclicamente, ritornano.
Ma è come siamo pronti, come siamo disposti a questo ritorno
che fa la differenza. E nemmeno qua bisogna conoscere Nietzsche per saperlo. (O
forse, idem, sì). ‘Le stesse cose ritornano’, e a seconda di come siamo messi, possiamo
ritrovarci pesci intrappolati in una boccetta (e pure con l’acqua da cambiare!),
anziché novelli Ulissi capaci di ritrovare Itaca. Per aspera ad astra, attraverso
un sentiero disseminato di ripetuti ostacoli (come dice Zarathustra, che tu
percorra la via che scende a valle o sale al monte, che tu venga dal mare o
dalla collina, prima o poi uno stronzo lo incontri), ci sono alcuni ritorni che
sono semplicemente trionfi. Sono quelli in cui si percepisce che se la propria
vita è un romanzo dev’essere per forza un romanzo di formazione. E si osa
addirittura presentire che essa abbia un senso, un senso che non è soltanto
quello dell’umorismo. Sono quei ritorni in cui si sente tutta la distanza che
si è percorsa, tutto il negativo che si è superato, tutta la consapevolezza che
si è acquisita. Una consapevolezza che per molti significa apprendimento di un
fare guardingo e scettico, dispiegantesi mediante l’elaborazione di
congegni-filtro sempre più sofisticati. Per fortuna non è questo il caso.
Una parola per tutto questo esiste: ricomprensione. Sia essa
detta accentuandone i tratti temporali (comprendere, ovvero, capire, e quindi
ricomprendere, ovvero capire di nuovo, capire meglio), sia essa detta
accentuandone i tratti spaziali (comprendere, ovvero essere-composto-di,
includere, abbracciare), ricomprensione significa per te oggi essere accolto da
una seconda famiglia, e sapere che se tutte le cose devono passare, alcune cose
rimangono. E ciò che rimane, non è altro che è ciò che hai scelto.
Come diceva un altro film, in cui un buon cinque anni fa mi
compiacevo di identificarmi, “perché io mica divento amico del primo che
incontro. Io decido di voler bene, scelgo. E quando scelgo, è per sempre”.
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