Ora che ci penso, ho passato gli anni più intensi della mia
adolescenza e quelli più intasati della postadolescenza a leggere storie di
scappati di casa, di ingranaggi non oleati nel motore della società, di
debosciati detuonati squattrinati squinternati. Bukowski, fante, miller, fino
ad arrivare al più speranzoso kerouac. Senza dimenticare il lupo della steppa o
prima di tutti il giovane holden. Cani sciolti, cani randagi, anarchici più che
rivoluzionari. Anarchici perché capaci di vedere l’insensato in ogni archè,
principio primo, forma costituita, regola, ordine, mito. Vite spericolate,
eppure introversi, a tratti spacconi, incapaci di legarsi alla catena dell’utile,
alla legge del profitto, di connettere il prima e il dopo. Alcuni di loro, come
fante, di umilissima origine, con mani troppo contadine, come lui stesso
diceva, eppure mani che avrebbero potuto scrivere romanzi, direbbe hank, eppure
perlopiù si son sprecate nel firmare cambiali e in zaganelle in camere
ammobiliate. Non sapevo allora cosa fosse vivere in una camera ammobiliata,
avere un affitto, vivere lontano da casa, vivere lontano dalla famiglia e dagli
amici, anche perché all’epoca la famiglia la esecravo con la stessa loro superbia
e gli amici praticamente non ne avevo. Nemmeno allora mi ero ancora confrontato
con la necessità di combinare pranzo e cena, per cui la loro lettura era uno
svago avventuroso, una proiezione divertita, col culo al caldo per poter
ammirare la loro sfacciata sincerità. Allora poteva avere ipocrisia e
superficialità continuamente tra i denti come se piovesse. Chissà perché oggi
la parola che ho sempre tra i denti è ingenuo… Ora che col mondo di lavoro mi
confronto da alcuni mesi, ora che ho visto alcune scene, pur poche ma già
qualcosa, so qualcosa di più di quel che significa il borbottio e i vaffanculo
rocamboleschi che si susseguono nei loro racconti. Il disperato bisogno di un’affermazione
di sé (ma soprattutto di amore) e la sensazione che tutti ti riconoscono dalle mani che tieni. E credo
che alla fine la mia visione del mondo me la sono formata sulle loro pagine. Così
piene di enfasi e così disilluse, così romantiche, e così prive di ogni assoluto
a cui potersi aggrappare, neanche per un po’.
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