Mi trovavo alla stazione di tortona, in
occasione dell'ennesima ripartenza per la terra tedesca. Presto sarei
arrivato a milano centrale, di lì a malpensa, l'ultimo capuccino
decente per qualche settimana, e così via. Sebbene fossi in anticipo
di una mezzoretta buona, decisi lo stesso di fare subito il biglietto
per non pensarci più. Sebbene la città superasse i trentamila
abitanti e avesse una certa rilevanza negli snodi logistici del
nord-ovest, intrecciandosi ivi le linee per torino e per milano,
nessuno presidiava la biglietteria. Era chiusa. Un'unica macchinetta
automatica rendeva possibile l'acquisto dei biglietti. Sicchè,
procedetti all'operazione che tante volte mi ha visto protagonista.
Premi lo schermo, evita l'offerta ai piccoli bimbi bisognosi di te,
etc etc. I miei genitori osservavano ammirati tanta padronanza.
Dietro di me, una giovane donna, bionda e impaziente, e una signora
che avrà avuto un cinque dieci anni più della mia mamma. Io finii
ben presto di stampare il mio biglietto, quindi la bionda si mise in
azione. Non riuscendovi. Sbuffava. Sorprendentemente, la signora
dietro di lei iniziò ad aiutarla. In quattro e quattr'otto s'era
impadronita dei segreti di quel macchinario, intuitivo, parecchio
intuitivo, ma certamente estraneo al suo mondo d'origine. Eppure, era
fantasticamente a suo agio. La bionda, stordita restava a guardare
con un pizzico di sfiducia e scontento. E non è tutto. Dopo aver
fatto il biglietto a sè e alla ben più giovane e sprovveduta
sconosciuta, la signora iniziò a parlare con mia madre. In modo gaio
e socievole, come chi ha conosciuto il mondo abbastanza e purtuttavia
non lo teme affatto, anzi. Nell'arco di poche battute uscì
l'inevitabile discorso per cui io stavo andando in germania dove
lavoravo come ricercatore etc etc traducevo libri etc etc. La signora
rispose senza scomparsi: aber das ist sehr schon! E iniziò a parlare
in un tedesco semplice ma corretto. Prese a dire che era in pensione
da alcuni anni, e che trovava splendida quest'età per potersi
mettere finalmente a imparare delle lingue, che riteneva cosa molto
importante. Su consiglio di suo figlio aveva seguito un corso di tedesco, e in pochi mesi, senza essere mai
stata in suolo alemanno, aveva acquisito una dignitosissima
competenza standard, a discapito dell'età e di tutto il resto.
Ammirato e intenerito, le scrissi il mio indirizzo di posta
elettronica, e le diedi il mio indirizzo. Le avevo raccontato di
tubinga, dello studentato dove vivevo, e lei mi disse che chissà le
sarebbe piaciuto visitare tubinga. Sono cose che si dicono, pensai,
ma poi chi le fa. Ci salutammo con affetto, e per un po' parlammo di
lei e di quanto era in gamba e tutto quanto con i miei genitori.
Oggi è santo stefano, e ho aperto la
mia casella di posta elettronica. Non ci ho trovato il solito spam nè
troppe email di lavoro, che da qualche giorno mi concedo un'insolita
pausa. Ho trovato una email in tedesco, breve, con un nome che mi
risuonava lipperlì insolito. Poi ho capito. Era lei. S'era
ricordata. Della nostra breve conversazione, del tedesco, del
foglietto dove le avevo scritto il mio indirizzo. L'indirizzo email
recava un nome maschile, forse quello di quel figlio che le suggerì
di farsi un corso di lingua. Con questo frammento lei mi aveva
dimostrato ancora una volta che cos'è assegnare un valore agli incontri.
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