mercoledì 12 settembre 2012

Cantante-lirica-americana-vive-a-Rossiglione


Non conosco il suo nome. La incontrai con mio papà. Tornavo dal treno, le sette di sera, ero stanco. All’imbocco del paese, era lì. Era anziana e confusa. Indossava un vestito fucsia. E un cappello invernale, fuori stagione. Poteva avere settant’anni, parlava sconnessa. Diceva che le avevano rubato la macchina. Poi gliel’avevano ritrovata. E che il tempo che gliel’avevano ritrovata, gliel’avevano di nuovo rubata. Viveva a Rossiglione, così la riaccompagnammo lì. Mio padre guidava veloce, faceva domande per non creare un imbarazzante silenzio. Era americana, di famiglia genovese immigrata. Aveva un viso con tratti marcati, occhi neri, pelle olivastra, e la sua bocca si muoveva concitatamente, come se per azionarla fosse necessaria l’energia dell’intera sua fibra. Le avevano “interdetto” la guida per un piede rotto. Operato male, a Novi Ligure. “Interdetto”, mi faceva pensare a una persona di madrelingua non italiana. E infatti. Aveva vissuto in America. Era una cantante lirica. Poi suo marito l’aveva lasciata. Dopo trentatre anni. E lei aveva così urlato, così disperata d’aver perso non solo la voce, ma tutto. Così diceva, seduta lì dietro. Io stavo zitto. Mi sentivo molto, molto triste e un poco commosso. Mi presero i soliti pensieri: la contemporaneità delle esistenze, che in ogni minuto, in ogni momento, in ogni luogo accadono cose, accadono storie. Storie private, che non passano alla Storia. Storie di cui più non si ragiona, mai si ragionerà. Vite che passano, e chi sa. Fan venire voglia di scriverne, affinché qualcosa, con tutta la presunzione di chi scrive, rimanga. Pensai alla violenza della vita, ai dolori domestici, a tragedie che appunto accadono continuamente e nessuno ne sa nulla. A lei, quasi regale e così smarrita, apparsa, e destinata a scomparire con la sua storia. Forse solo una farneticazione, chi sa. Quando arrivammo a Rossiglione, mio padre l’avrebbe lasciata istintivamente presso il ricovero degli anziani, una via di mezzo tra un ospizio e qualcosa di più blando di un manicomio post legge 180. Invece lei aveva una casa, vicina alla farmacia, ampia un centinaio di metri quadri, diceva. Camminava a fatica. Mio padre l’aveva già incontrata all’andata, mentre mi veniva a prendere in stazione. Era sicuro che l’avrebbe rivista. Avrebbe potuto accompagnarla alla stazione, ma non la fece. La portò a casa. Questo uomo, che spesso ho rimproverato per la mancanza di lirismo, mostrava così una bontà tutta in prosa, ma affatto prosaica. La vedemmo allontanarsi, o meglio, fummo noi ad allontanarci, decisamente più veloci di lei, mentre le nuvole viravano al rosa. L’autunno stava arrivando.

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