Non conosco il suo nome. La incontrai con mio papà. Tornavo
dal treno, le sette di sera, ero stanco. All’imbocco del paese, era lì. Era
anziana e confusa. Indossava un vestito fucsia. E un cappello invernale, fuori
stagione. Poteva avere settant’anni, parlava sconnessa. Diceva che le avevano
rubato la macchina. Poi gliel’avevano ritrovata. E che il tempo che
gliel’avevano ritrovata, gliel’avevano di nuovo rubata. Viveva a Rossiglione,
così la riaccompagnammo lì. Mio padre guidava veloce, faceva domande per non
creare un imbarazzante silenzio. Era americana, di famiglia genovese immigrata.
Aveva un viso con tratti marcati, occhi neri, pelle olivastra, e la sua bocca
si muoveva concitatamente, come se per azionarla fosse necessaria l’energia
dell’intera sua fibra. Le avevano “interdetto” la guida per un piede rotto.
Operato male, a Novi Ligure. “Interdetto”, mi faceva pensare a una persona di
madrelingua non italiana. E infatti. Aveva vissuto in America. Era una cantante
lirica. Poi suo marito l’aveva lasciata. Dopo trentatre anni. E lei aveva così
urlato, così disperata d’aver perso non solo la voce, ma tutto. Così diceva,
seduta lì dietro. Io stavo zitto. Mi sentivo molto, molto triste e un poco
commosso. Mi presero i soliti pensieri: la contemporaneità delle esistenze, che
in ogni minuto, in ogni momento, in ogni luogo accadono cose, accadono storie.
Storie private, che non passano alla Storia. Storie di cui più non si ragiona,
mai si ragionerà. Vite che passano, e chi sa. Fan venire voglia di scriverne,
affinché qualcosa, con tutta la presunzione di chi scrive, rimanga. Pensai alla
violenza della vita, ai dolori domestici, a tragedie che appunto accadono
continuamente e nessuno ne sa nulla. A lei, quasi regale e così smarrita,
apparsa, e destinata a scomparire con la sua storia. Forse solo una
farneticazione, chi sa. Quando arrivammo a Rossiglione, mio padre l’avrebbe
lasciata istintivamente presso il ricovero degli anziani, una via di mezzo tra
un ospizio e qualcosa di più blando di un manicomio post legge 180. Invece lei
aveva una casa, vicina alla farmacia, ampia un centinaio di metri quadri,
diceva. Camminava a fatica. Mio padre l’aveva già incontrata all’andata, mentre
mi veniva a prendere in stazione. Era sicuro che l’avrebbe rivista. Avrebbe
potuto accompagnarla alla stazione, ma non la fece. La portò a casa. Questo
uomo, che spesso ho rimproverato per la mancanza di lirismo, mostrava così una
bontà tutta in prosa, ma affatto prosaica. La vedemmo allontanarsi, o meglio,
fummo noi ad allontanarci, decisamente più veloci di lei, mentre le nuvole
viravano al rosa. L’autunno stava arrivando.
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