domenica 20 maggio 2012

Gli interisti

Uno sport, nazionale, e credo non, è sentirsi parte di una ristretta cerchia di eletti. "Io faccio parte del 20% di un'Italia più o meno migliore, io allo stadio non ci vado, io non guardo il grande Fratello" e così via. 
Gli interisti. Gente che non tifa per i nerazzurri meneghini, bensì che si proclama unto dall'Uno necessario. 
Gente, in cui a volte finisco pure io, che a trent'anni ancora contrappone apparenza e sostanza, superficie e profondità. 
Quando avevo quindici anni avevo sempre sulla bocca la parola "ipocrita", ce l'avevo pronta per ognuno. Tutto era ipocrita, tutti erano ipocriti, tutto menzogna. E senza sortilegio, per giunta. Perché chiedevo alla realtà d'essere intera, d'essere sapida, d'essere ideale. Ma la realtà non è un'idea. 
Taoisticamente tutti i suoi splendori, che allora non vedevo, perché li avrei visti solo fuori da lei, in un iperuranio morale che mi figuravo, ed era per tanto irraggiungibile, tanto valeva credersi un uomo dell'età giacobina scagliato in un'epoca non sua, coincidono con le sue miserie, ed è per questo che ha ragione Guccini allorché afferma "a vent'anni è tutto ancora intero", soggiungendo subito dopo "quante balle si ha in testa a quell'età". 
E la balla suprema è l'esigenza dell'interezza, dell'incondizionato, della purezza a tutti i costi, del bianco o nero, per cui ci si sente invincibili nello scagliare un Si o un No fondamentalmente perché l'unica vita che si è vissuta fino a quell'istante è la vita della mente. 
Una mostruosa discrepanza tra la propria maturità a priorica, nutrita di letture che rendono insopportabilmente saggi, e la propria inettitudine pratica, in situazione, mi ha fatto passare la voglia di fare il guru a tempo pieno, il prof...essorino ed il prof...eta. Che poi la vita, come dice Erminia al Lupo della steppa, al massimo ci concede di diventare cortigiane di discreto buon gusto. E fosse facile! Grande liberazione comunque. Come quella di Cheyenne, che in This must be the place afferma: "non sopporto i viaggiatori, preferisco i turisti". Perché siamo tutti, in fondo, turisti. Credersi viaggiatori non è altro che fomentare quel mito dell'esperienza a tutti i costi (ho visto una ragazza coi capelli verdi e rasati da un lato a chiazze leopardate a Berlino e me ne sono innamorato per quindici lunghi minuti, poi mi è tornata in menta Manuela Arcuri in viaggi di nozze con le sue ascelle depilata una sì e una no e non mi è sembrata tanto diversa. Non l'asimmetria tricotica. Il suo significato!), che fino a un certo punto del proprio percorso fa costantemente sentire inadeguati, dopodiché, si capisce, è solo un'altra, lirica e lurida, balla.
ps. "La gente" siamo anche noi.

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