sabato 17 settembre 2016

La vita a volte inizia quando parli con gli sconosciuti

3.9.16.
Arrivo a Tubinga e cosa trovo? 
Spätzle? No.
Il Neckar? No. 
Ratzinger? Nemmeno. 
Un musicista di strada che canta e suona con accento svevo q.b. Fiume Saint Creek.
Iniziamo a cantare insieme.
Poi mi racconta.
Di sé, di come scoprì Deandrè in una osteria a Portovenere. 
Una grande immagine di Fabrizio con la sigaretta, e sotto il cartello Vietato Fumare.
Vino rosso. Accenna anche un Umbre di muri, muri de mainé.
E tanta altra vita.

C'è tanta bellezza là fuori.

17.9.16.
In viaggio verso Berlino, con il mio collega indiano. Una signora un po' attempata ci domanda di dove siamo. Io temo la classica reductio ad mandolinum. Per fortuna il focus è sul collega. Ma avviene in maniera del tutto diversa. India, India, da sempre lei avrebbe voluto andare in India. 54 volte è stata invitata, ha visto il Dalai Lama a Zurigo, per lei significherebbe più di ogni cosa. Ma non può e non potrà mai. Sono nata in Krieg, durante la guerra ci dice, poco a nord di Berlino, e ho preso il tifo, due volte, durante la guerra, acque contaminate. Dove andate? In Israele. Non ci sono parole per quello che abbiamo fatto al popolo ebraico. Nel 2007 ho fatto una donazione con cui sono stati piantati alcuni alberi in Galilea. India, ancora India. Una vaccinazione al tifo, necessaria per l'India non me l'ha mai voluta fare nessun medico su quei precedenti. Il tifo, la guerra, l'acqua contaminata. E allora viaggia, incontra, legge. Vorrebbe scrivere le sue memorie. A patto che qualcuno la aiuti. Io non riesco a sopportare l'idea che questa vita, che mi ha appena sfiorato, svanisca senza lasciare traccia, anche se forse, come un Mandala trasportato dalla corrente, non sarebbe poi così male. Per me sì, invece. Scrivo questo frammento, affidandolo al più volgare dei mezzi di comunicazione. Scrivere è intolleranza all'oblio.

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