venerdì 9 novembre 2018

DAI METEORITI AL COSMO (QUANTI SONO DIECI ANNI?)


Nel 2008, non sapevo il tedesco. Non ero neppure laureato nella specialistica di filosofia, e a lezione in Via Balbi accadeva spesso, per non dire sistematicamente, un fatto peculiare. I professori spiegavano in italiano. Eppure, ogni frase deragliava fatalmente, quando meno te l’aspettavi, in un vocabolo tedesco. Vernunft. Verstand. Schuld. Spaltung. E poi naturalmente, lui: Ursprung.
Per noi, acerbi virgulti che tentavano di accedere alle irte vette dello spirito, questi termini apparivano come meteoriti indecifrabili. Come tali, li accoglievamo con timore e tremore, sgomento e venerazione. Erano soglie di una trascendenza che si mostrava soltanto a tratti, baluginii di un altrove che non c’era dato di abitare.
Tuttavia, la corda tesa tra il sublime e il ridicolo è più corta di quanto si pensi.
Ben presto, quei vocaboli iniziatici di una lingua a noi interdetta prendevano ad apparire come mantra salmodiati con un compiacimento neanche troppo celato. Dall’essere profani al diventare profanatori, il passo è parimente breve. A stento trattenevamo le risa quando l’idioma di Dante e Manzoni veniva puntualmente interrotto da quello di Lutero e Goethe. Quasi fosse un difetto di doppiaggio in presa diretta.
Sono passati dieci anni. La lingua tedesca è diventata da allora un fatto ovvio nel mio vivere quotidiano. Conquistata a fatica, giorno dopo giorno, essa ha smesso di vivere in singoli meteoriti da un pezzo. Dal settembre del 2009, è la lingua con cui compro il pane e spiego al medico i miei sintomi, esprimo sentimenti d’amicizia e di collera. È diventata, anche, la lingua di Brot ed Erkältung, di Kumpel e Streber. In quella lingua ho pubblicato alcune cose di lavoro. Nella mia lingua madre invece, per fortuna, amo.
Sono passati dieci anni, dicevo. Oggi pomeriggio mi trovo a una conferenza in una città della Germania settentrionale. Quella dove nacque il filosofo su cui scrissi, ventenne, la mia tesi triennale. Karl Jaspers. Di più. Sono a casa sua. Proprio su di lui lavoravo dieci anni fa, quando Vernunft, Verstand, Schuld, Spaltung e Ursprung erano meteoriti incomprensibili.
Dopo diversi anni a prendere polvere in qualche piega della memoria, i termini allora enigmatici della filosofia jaspersiana sono tornati. Ma oggi, enunciati in una conferenza frase dopo frase, sono disposti armoniosi e sensati. Se dovessi quantificare l’estensione interiore di un decennio, questa ne sarebbe la misura. I meteoriti sono diventati un cosmo.

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