Nel 2008, non sapevo il
tedesco. Non ero neppure laureato nella specialistica di filosofia, e a lezione
in Via Balbi accadeva spesso, per non dire sistematicamente, un fatto peculiare.
I professori spiegavano in italiano. Eppure, ogni frase deragliava fatalmente,
quando meno te l’aspettavi, in un vocabolo tedesco. Vernunft. Verstand. Schuld.
Spaltung. E poi naturalmente, lui: Ursprung.
Per noi, acerbi virgulti
che tentavano di accedere alle irte vette dello spirito, questi termini apparivano
come meteoriti indecifrabili. Come tali, li accoglievamo con timore e tremore, sgomento
e venerazione. Erano soglie di una trascendenza che si mostrava soltanto a
tratti, baluginii di un altrove che non c’era dato di abitare.
Tuttavia, la corda tesa
tra il sublime e il ridicolo è più corta di quanto si pensi.
Ben presto, quei vocaboli
iniziatici di una lingua a noi interdetta prendevano ad apparire come mantra salmodiati
con un compiacimento neanche troppo celato. Dall’essere profani al diventare profanatori,
il passo è parimente breve. A stento trattenevamo le risa quando l’idioma di
Dante e Manzoni veniva puntualmente interrotto da quello di Lutero e Goethe. Quasi
fosse un difetto di doppiaggio in presa diretta.
Sono passati dieci anni. La
lingua tedesca è diventata da allora un fatto ovvio nel mio vivere quotidiano. Conquistata
a fatica, giorno dopo giorno, essa ha smesso di vivere in singoli meteoriti da
un pezzo. Dal settembre del 2009, è la lingua con cui compro il pane e spiego
al medico i miei sintomi, esprimo sentimenti d’amicizia e di collera. È diventata,
anche, la lingua di Brot ed Erkältung, di Kumpel e Streber. In quella lingua ho
pubblicato alcune cose di lavoro. Nella mia lingua madre invece, per fortuna,
amo.
Sono passati dieci anni,
dicevo. Oggi pomeriggio mi trovo a una conferenza in una città della Germania
settentrionale. Quella dove nacque il filosofo su cui scrissi, ventenne, la mia
tesi triennale. Karl Jaspers. Di più. Sono a casa sua. Proprio su di lui
lavoravo dieci anni fa, quando Vernunft, Verstand, Schuld, Spaltung e Ursprung
erano meteoriti incomprensibili.
Dopo diversi anni a
prendere polvere in qualche piega della memoria, i termini allora enigmatici della
filosofia jaspersiana sono tornati. Ma oggi, enunciati in una conferenza frase
dopo frase, sono disposti armoniosi e sensati. Se dovessi quantificare l’estensione
interiore di un decennio, questa ne sarebbe la misura. I meteoriti sono
diventati un cosmo.
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