lunedì 13 ottobre 2014

Amìala ch'â l'arìa amìa cum'â l'é amiala cum'â l'aria ch'â l'è lê ch'â l'è lê

Alluvione a Genova. Cronaca di una morte annunciata. La città, già di per sé, è una sfida dell’uomo contro la natura. Costruita tra il mare e la collina, senza soluzione di continuità. Senza pianure e spazi di sfogo. Urbanizzata al millimetro, asfaltata in ogni angolo, cementificata in ogni pertugio. E la natura, prima o poi si incazza. Na tu ral men te. Ciò che naturale non è, è invece qualcosa di umano, troppo umano. Inutile ripetere -forse no- che le catastrofi 'naturali' sono 'naturali' fino a un certo punto. piogge insistenti d'inizio autunno ci sono sempre state, a differenza delle speculazioni edilizie che hanno permesso di costruire dove nessun antico (senza gps ma con più cugnissiun) avrebbe mai fatto. Se oggi Genova sfida Venezia come già faceva mille anni fa, ma in qualcosa che non è la talassocrazia, bensì il vaporetto prossimo venturo, facciamoci una domanda e diamoci una risposta.

Inutile dire – parte II – che le catastrofi sono il miglior modo per capire la supposta ‘natura umana’. Chi scende e salva il suo voltairriano orto, chi scende e salva un po’ di orto dell’amico, chi si spinge addirittura a salvare la cosa pubblica. Chi non scende e si lascerebbe quasi morire. Chi non scende, vede gli altri che scendono e parte filosofeggiando o psicologheggiando. E con il tipico presumin di chi non si sporca le mani inizia a pontificare: "gli angeli del fango sono solo dei narcisisti che vogliono sentirsi dire ‘bravo’". Sarà. Più vado avanti con gli anni, più mi interessano solo i meri risultati e non le motivazioni. Loro fanno, voi no. Loro aiutano, voi pontificate al sicuro delle vostre comode case. Che vi si sfaccia, come diceva qualcuno, almeno una parete "delle vostre comode case", anche senza danni. Giusto solo da avvicinarvi un po’ di più alla differenza tra il morbo del pensiero e l’azione.


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