giovedì 8 agosto 2013

appunti sul grottesco

Nel grottesco c’è l’incongruo.  La presenza di qualcosa che non è come dovrebbe essere e che invece è così. Quel ‘non dovrebbe’ MA ‘è così’ è la base di ogni visione del mondo grottesca. Il MA. Non c’è grottesco senza questo iato, senza questo MA, senza questo E INVECE. È uno iato doloroso: doloroso come ogni iato. ‘Le cose non sono come dovrebbero essere’. Non si può pensare il grottesco al di fuori dall’emissione di un giudizio morale. La deformazione che esso è, la sproporzione, l’abnormità di cose persone o situazioni che lo caratterizzano (o meglio: che esso caratterizza) sono solo il lato visibile della realtà per cui, una volta che lo iato tra come le cose stanno e come dovrebbero essere s’è aperto, tutto può succedere. Sempre che tale iato sia legittimo. Non è un caso, del resto, che ogni etica che fa coincidere realtà e perfezione, ovvero, essere e dover essere, non offra spazio al grottesco. Che infatti vive in questa sproporzione, che se viene affidata al sentire romantico può ingenerare nostalgie di infinito che a noi disincantati ventunesimi secoli appaiono quasi risibili. Il grottesco è il rischio di ogni sublime. Che danzando in punta di piedi su un filo esilissimo rischia ormai di capovolgersi nel ridicolo. Basta davvero poco. Al grottesco inerisce questa ironia, e proprio nel grottesco diviene chiaro come ogni ironia sia sempre ‘ironia della sorte’. E con questo ritorniamo a quel MA, a quell’INVECE, a quello iato. Eccetera eccetera.

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